Luisa Rota Sperti - La Schola del Bonduhãc

LUISA ROTA SPERTI

La Schola del Bonduhãc


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Luisa Rota Sperti - La Schola del Bonduhãc

In copertina: "Mauro Corona" - Matite su cartone Schoeller cm 72 x 52

Luisa Rota Sperti - La Schola del Bonduhãc

Di nuovo Vajont... ma è malattia da cui non si guarisce: pensavo di aver chiuso, di non pensarci più, impossibile.
Impossibile purtroppo per chi l'ha vissuta, impossibile per fortuna per noi che sentiamo il dovere di continuare a pensare, di continuare a dialogare, a trovare nuove prassi, che ancora la società civile rifiuta di annettere alla propria esperienza. Come non vedere ancora ogni giorno un Vajont nella vicenda dell'ILVA? Morti innocenti dovuti a connivenze, a corruzione, a tragiche italiche leggerezze come diceva Giovanna Zangrandi.
E ce ne sono di cose da imparare ... la processione del Bonduhuak. Chissà che lo legga qualche nostalgico cantore del buon tempo andato, è sempre la solita vecchia storia, la strategia della paura che ancora si usa per dominare i popoli; sì, terrorizzare per costringere: se non preghi morrai, e ti può capitare di peggio anche dopo morto, e sapete che effetto su chi aveva vita grama e tante volte pensava che se moriva si liberava degli affanni! Lo diceva Mauro un giorno, mentre leggeva una sua cosa ai bambini, sotto al portico della Ciasa da fum a Claut, che i vecchi non sempre avevano dato buoni insegnamenti, come quando avevano insegnato ad uccidere le salamandre.
Già, e forse c'è qualcosa da recuperare:

"Non paure di morti e in congreghe
Diavoli goffi con bizzarre streghe,
Ma del comun la rustica virtù."
Comune rustico, Giosuè Carducci.

Come dire gestire insieme il bene comune.

Ecco cosa mi son trovato tra le mani per la stima di un'amica, forse solo così per farle un piacere, un libro oggetto. Lungo paziente lavoro di chi tra arte e natura trova il tempo per dedicarsi agli altri. Perdersi e ritrovarsi.
E' un piacere stare un po' con questo libro, darsene il tempo. Certo nei suoi disegni-mondi può bastare un'occhiata e tirar via, ma ci si può stare ore come davanti alla natura. Scriverne è come scrivere una lettera, oggi che non ne scriviamo più, come stare con una persona.
Ecco un libro fatto con cura, c'è voluto tempo per farlo; prima di tutto tempo per stare nella natura, per vederla, per vivere l'esperienza di solitudine e di silenzio quando non si è più ne tristi ne soli, ma si è vivi.
Ci si é dati tempo - oggi che non ne abbiamo più per nulla - per disegnare, tempo per scrivere, tempo per scegliere la carta e per decidere il formato, tempo per impaginare come si deve, lavoro delle mani, lavoro dello spirito; un mondo intero di cura, d'amore, non per denaro.
Come puoi usare un libro così? che oltre a tutto indica nel mondo digitale la strada del libro oggi.
Una storia che - dice Luisa - avevo necessità di scrivere un libro che comincia a far bene a chi lo scrive.
Se ti lasci prendere, se lasci toccare le corde del sentimento con naturale semplicità, il bosco, il legno, il libro risuonano di ombre, vibrano di forme, partecipi alla vita, come davanti a quegli alberi testimoni della disperata volontà di vita sopravvissuti di sghembo sulla frana del Vajont, come un violino risuona del segreto di quel legno famoso di risonanza che Stradivari sceglieva in Dolomiti, come un truciolo di cirmolo profuma l'anima.
Se sai ascoltare perfino la matita il cui sommesso fruscio genera figure, genera mondi, allora puoi vedere la figura nascosta nel tronco d'antico frassino che Augusto Murer sapeva a noi palesare; puoi sentire la potenza magica della favola, che nasce dalla storia, che nella poesia trova quel soffio di vita che l'immensità della tragedia sembrava cancellare.
Dentro o fuori dalla favola, quasi ci si trovasse di fronte ad una entità fatata che aiuta, può far del bene, va rispettata perché non si rompa l'incantesimo. (Attenti perché è solo la cattiveria degli uomini che ha volto le fate in streghe). Così quando sei all'ultima figura puoi tornare su ed accorgerti che ce n'era un'altra che non avevi visto e magari solo ora salta fuori e si fa vedere. E' ciclico il tempo, a volte le cose tornano; puoi tornare, non c'è mai l'ultima pagina, perché puoi sempre ricominciare. Troverai altro, che non avevi visto, forse un sorriso e magari poesia persone che rinascono scolpite ... sculture che tornano alberi ...

Che tu abbia visto il mondo di figure come un catalogo ordinato, oppure a salti, che tu abbia letto tutto d'un fiato o che tu abbia iniziato, lasciato lì, ripreso, sarà bastato mettersi dalla parte dell'altro, oppure lasciarsi andare ad ascoltare l'aria del bosco, a me riesce, grazie Luisa.

MARCO TONON giardiniere di percorsi museali



Ho disegnato (e poi scritto) questa breve strana leggenda molti anni fa.
Abitavo allora al "Paradiso", una piccola conca sotto le "Corna di Medale", a due passi dal bosco.
Avevo iniziato a "giocare" col legno. Figurelle inquietanti all'inizio, come nei disegni grovigli di rami e radici in cui aprire occhi e bocche, spesso urlanti. Prendendoci piacere ero poi passata a pezzi di legno più adatti, dunque avevo iniziato a scolpire. Un tentativo un po' goffo, ammetto, che ha partorito un piccolo popolo di "Lune" regalate per lo più a chi mi veniva a trovare. Contemporaneamente leggevo il "primo" Mauro Corona ("incontrato" sullo "Scarpone") e parlava di ciò che da sempre amavo disegnare, con rocce cieli e nevi, gli alberi appunto. Ne parlava come vivi compagni, da incontrare ... e anche del Vajont.
Ma le radici di questa piccola leggenda sono più lontane. Nel 1963 avevo 14 anni, e per anni e anni l'incubo ricorrente di una muraglia di acqua che si solleva e precipita visitava i miei sogni; quell'immagine colpiva ferocemente nella mente e nel cuore.
L'unione del racconto di Marco Paolini con il primo libro di Mauro ha fatto nascere i disegni, in parallelo con la storia che avevo necessità di scrivere: le persone che rinascono scolpite... le sculture che tornano alberi... Fu riportando le statue di Mauro sul foglio alla loro natura di alberi che iniziai a raccontare, a raccontarmi... accorgendomi che mi faceva bene. Ora, disegnando piccole storie di bambini per bambini, questa mi è tornata tra le mani, semplicemente.
Luisa Rota Sperti.



Dedicato ai bambini scomparsi nell'acqua del Vajont Il 9 ottobre 1963, alle ore dieci e quarantacinque... vorrei convincermi che se ne andarono nel sonno, senza accorgersi che la morte era venuta a prenderli.
Mauro Corona (Il Volo della Martora)

Luisa Rota Sperti - La Schola del Bonduhãc

"C'era una volta" - Matite nere e colorate su cartone Schoeller cm 20 x 20

"C'era una volta..." Così cominciano tutte le fiabe, ma non al paesino di Sassi, lassù, la paura serpeggiava sempre quando la sera le nonne, avvolte nei loro fazzolettoni neri, si sedevano al fuoco e raccontavano storie così terribili che nessuno avrebbe osato chiamare fiabe... perché le fiabe non devono far così tanta paura.
Raccontavano storie, le nonne, come fanno coloro che rinnovano profezie, e nell'ascoltarle, il terrore dalle bocche arrivava alle orecchie, e poi ai cuori, e dai cuori scendeva ai passi sorpresi ad attardarsi sui sentieri, nei boschi, nelle radure, al giungere improvviso della notte.

"C'era una volta..." Si narrava che la Schola del Bonduhuãc scivolando fuori dal cimitero fluttuasse con stridii e bisbigli per la valle. Attraversando le strade, i campi, sibilando calasse sull'acqua ferma e sinistra addormentata nel fondovalle. Una processione di facce bianche strisciava sui viottoli, pronta a divorare chiunque respirasse, si trascinava di casa in casa a stanare le proprie prede e chi veniva raggiunto non aveva scampo, poteva solo pregare. Qualche volta, per caso o per destino, non le riusciva di portar via l'anima agli imprudenti colti nell'ombra della sera, ma nei paesini le paure si accumulavano a paure, risvegliate dai quei poveri morti costretti ad esser cattivi per l'eternità. E più la notte era fonda, più la paura contagiava ogni cosa.

"... Alba arrancava per il tratturo alla pallida luce di una luna in primo quarto. Dietro di lei, dai profondi meandri del bus di Bacòn avanzava silenziosa la Schola del Bonduhuãc. Più di sessanta morti ondeggiavano come ombre ..."
Toc Toc Toc ...........
Si interrompe nonna Giacomina, le nebbie di ottobre cullano i monti, si sfrangiano a brandelli e strisciano giù, giù, fino al lago immobile.
Toc Toc Toc fuori sembra gocciolare e si fa sempre più larga e scura l'ombra da mesi accovacciata sulle cime, per la nera Signora c'è un gran raccolto da fare e, come falce, si sta prendendo l'ultimo spicchio di luna.
"Mina... Mina... Mina... chiudi la finestra Mina". La civetta grida, chiama la notte, sbatte le ali sui vetri e vuole entrare, ma è così grande quell'ombra lassù e sempre più nera; il suo cappuccio ora copre tutta la montagna, che lentamente frana....
Toc Toc Toc le gocce battono alle finestre sempre più gonfie, bussano incessanti e rigano i vetri con artigli di lacrime... Un vento vien giù dal monte e brontola come mille tuoni, cresce come l'onda scardina i catenacci, sfonda le finestre, entra nelle stanze e avvolge tutto col suo urlo di buio.

Luisa Rota Sperti - La Schola del Bonduhãc

"Mina" - Matite ed acquerello su cartone cm 30 x 30

"Nonna... nonna... nonna, che paura, nonnina cos'è quest'aria feroce, quest'acqua cattiva, sfracella più della pietra, e ci porta via, noi piccolini. Nonna, nonnina non ci culla, ci solleva e ci butta laggiù, ci spande sulle valli come semini"
Nel fango mescola tutto l'acqua cattiva, nonne e bambini, gatti, capretti e vitellini. Con gli ultimi frutti dell'estate, i grappoli delle vigne e i primi crisantemi dei giardini, scaglia lontano grandi e piccolini.
L'ombra si prende tutto; agli uccelli della notte le ali non bastano, per volare via, l'urlo inghiotte le grida...
"Mina... Mina... Mina..."
Poi silenzio. Le nonne affondate coi loro fazzolettoni neri non raccontano più, non cantano più, non pregano più.
"Nonna, nonnina ho un cielo liquido intorno, dov'è la mia camicina?"
L'ombra inghiotte, deglutisce e inghiotte le ultime scintille di piccole vite che si spengono come lucciole nel temporale. Quando il tetro sudario svanisce non c'è più niente: file interminabili di morti senza tomba vagano smarriti e non ci sono abbastanza sentieri e boschi, e radure ad accoglierli quando l'ombra li vomita fuori in un inverno senza fine.

Luisa Rota Sperti - La Schola del Bonduhãc

"L'onda" - Matite ed acquerello su cartone cm 30 x 30

Alla Schola del Bonduhãc ora si unisce un infinito nulla, nei paesini solitari e giù nelli valli le notti sono oscurate da quel nulla.
Così per anni e anni di buio decine e decine di ombre ogni notte scivolano fuori dalla massa liquida, che per loro continuamente precipita e risale, corre e si spande come un velo nero, in una infinita notte senza pace e senza sonno.
Solo gli alberi hanno pietà di quel niente senza quiete. Con le loro radici succhiano morte e paura da quell'onda nera, poi germogliano e ridanno la vita alla valle dimenticata. La pietà degli alberi assorbe i piccolini, li tiene al caldo nei tronchi, li culla fra i rami mentre gli anni passano veloci e qualcuno inizia a tornare...
Toc...Toc...Toc... lo scalpello toglie via il legno dolce che docilmente si lascia accarezzare.
Toc...Toc...Toc... e le guance, le bocche, gli occhi, i capelli... i corpi che si delineano nelle venature prendono vita, iniziano a sussurrare; di ramo in ramo, di fronda in fronda, il vento culla un racconto nuovo.

Luisa Rota Sperti - La Schola del Bonduhãc

"Dal legno nel legno" - Mine nere e colorate su cartone Schoeller cm 13 x 30

"Guarda, guarda", lui è fatto di sasso e di legno quel ragazzino secco e stupito, cresciuto lontano, nei grovigli dolorosi dei tronchi sa separare nodi e radici; accarezzando le vene le fa palpitare e nel legno crea un grande affresco, nelle cui crepe restano aperte le nostre ferite.
"Guardate, guardate", lui è fatto di sasso e col legno, è condannato a ricordare continuamente dovrà raccontare le nostre piccole vite di carne, di sangue, di peli, di piume, solo lui può farlo perchè lui ama la montagna e la montagna lo ama. Lui sa ascoltare le voci del bosco, lui sa vedere le vite nascoste nei tronchi, lui solo conosce bene le nostr identità e può riconoscere le nostre forme.
"Guardatelo, guardatelo" nel legno caldo ci ridà un corpo, il corpo che l'ombra ci ha strappato; lì possiamo finalmente riunirci e riposare.
Non ci saranno più né acqua né vento a strapparci via, saremo protetti e custoditi. Rinati dalla terra vivremo poi nei nostri corpi nuovi, per sempre. Perchè lui per sempre rimarrà qui, a scalare pareti, pascolare alberi per non lasciare che venga dimenticato ciò che siamo stati, per tornare ogni volta a raccontare sulla carta e nel legno. Perchè da noi esseri negli alberi, il pastore degli alberi continuamente impara.

Luisa Rota Sperti - La Schola del Bonduhãc

"Vajont" - Matite ed acquerello su cartone cm 30 x 30

Anche quella finta parete rimarrà la, una lapide così lunga, e scarna con quell'acqua stanca che ristagna, dentro. Riposa ora il monte ferito, riposa il lago violato, noi riposiaamo nelle giovani, piante.
Le ombre che posiamo sulla terra sono quiete, la Schola del Bonduhuãc non sorge più dall'infinito buio ora le nostre voci sono isospiri delicati della notte.
Siamo alberi tranquilli aspettiamo di essere scelti.
Toc... Toc... Toc... lo scalpello toglie e libera noi rinasciamo dai legni di cui siamo fatti: alberi malinconici, tenaci, dolci, astiosi... coraggio viviamo una vita nuova.
Toc... Toc... Toc... lo scalpello accarezza spalle e cosce, delinea visi e chiome la nostra anima muta, riemersa dal buio riprende... a sussurrare...
"Mina... Mina... Mina..." Mina rinasce fra le braccia della sua mamma di legno.
La civetta vola dal monte alla valle e chiama la notte per i pochi che sono tornati, per quelli che non possono e non vogliono dimenticare. Chiama la notte e il suo richiamo fa scendere il silenzio quieto che avvolge i sonni. Per il pastore degli alberi la civetta è un'amica, si posa sulla sua spalla di legno, là può finalmente riposare.

Luisa Rota Sperti - La Schola del Bonduhãc

"Scultura" - Matite ed acquerello su cartone cm 10 x 30

...da tutti quei morti emergono i volti dei bambini, scomparsi nell'acqua del Vajont.
E la tristezza, nel suo perenne girotondo attorno ai fatti della sera maledetta, passa a visitarci portando con sè il sorriso di quei bambini e il ricordo della loro ultima estate
Mauro Corona (il volo della martora)



La Schola del Bonduhãc:

7 tavole
Fiaba illustrata da un testo inedito.

Anno di realizzazione: 2004/2005
Aggiunte due tavole illustrative nel 2011

Le tavole o parte di esse sono state esposte a:
- Montagne Incantate Bolzano 2004
- Club Alpino Italiano / Ottagono Spaziomontagna Milano 2008
- Hogazait festival Cimbro Altopiano di Asiago 2009

I brani di Mauro Corona sono tratti da:
Il volo della Martora - I licheni, Vivalda editore 1997
Aspro e dolce - Mondadori 2004