Nessun uomo e' un'isola: un polittico per Casimiro
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PROLOGO E SPIEGAZIONE
Sul finire del 2003 avevo dato a Luisa le bozze della biografia ancora non ultimata di Casimiro
(Casimiro Ferrari, l'ultimo re della Patagonia, Baldini Castoldi Dalai, 2004) perché preparasse qualche disegno per illustrare i sogni del Miro.
Ma lei si è infilata fra le pieghe del libro, con occhi ben diversi da quelli degli altri e ne è uscita con otto ritratti di personaggi che abitavano a titolo diverso (maestri, amici, compagni) quelle pagine...
Ora sono io ad avere l'occasione di infilarmi nelle pieghe dei suoi disegni fatti di lievi trasparenze e cercare di ridire con le parole ciò che lei ha saputo leggere e trovare. Paradossale e singolare privilegio per me farmi visitatore delle mie righe, come paradossale approccio è il suo al ritratto per lei che non è ritrattista, che tratta i volti come fossero montagne, nuvole, rocce ...
Quello che doveva essere il racconto della storia di un uomo, si è mutato, un
po' per volta, nella storia dei tanti che hanno incrociato le loro vite con la
sua. E' così un po' per tutti: "Nessun uomo è un'isola, intero in sé stesso"..
Ciascuno dei personaggi e dei luoghi che hanno contribuito a raccontare la storia di Casimiro ha lasciato una traccia, piccola o grande, marcata o più discreta nel racconto, mescolando la sua storia a quella del protagonista della biografia. In definitiva facendo sì che s'avverasse la frase di John Donne, posta da Hemingway sulla porta di uno dei libri della mia adolescenza:
"Nessun uomo è un'isola intero in se stesso. (...) E così non mandare mai a
chiedere per chi suona la campana: Essa suona per te".
RICCARDO CASSIN
"Guarda Riccardo sembra la Walker" racconta la leggenda avessero detto i compagni al loro capo-spedizione vedendo una foto dello Jirishanca, sul quale di lì a pochi giorni Casimiro avrebbe manifestato la sue tempra di jefe. Ecco perchè il colosso peruviano guarda le Grandes Jorasses dello sperone Walker. Nella sella fra le due montagne spunta il volto di Riccardo Cassin, il "grande vecchio" che ha insegnato a chi arrampicava con lui la concretezza, il mirare dritto a quello che si vuole. Riccardo trasfigura nelle sembianze di un capo indiano, tornato dalle battaglie con tutti i suoi guerrieri ancora vivi a dispetto dei mille pericoli corsi.
In basso un volto celato nel tronco di un albero allude alla ricerca della tomba del padre, mai conosciuto. Nel quadro appaiono Mary Varale, la donna che consegnò ai lecchesi le chiavi del grande alpinismo e la Guglia Angelina, la prima salita di Riccardo. Il colibrì, che sembra arrestare il suo volo vicino al grande alpinista, si riferisce al soprannome della montagna andina: "Becco di colibrì delle Ande".
CARLO MAURI (BIGIO)
Il volto di Carlo Mauri (Bigio) sta immobile al centro del disegno. Le montagne gli ruotano attorno avvolgendolo nell'acqua e nel vento per trasportarlo in uno dei suoi tanti viaggi. Sopra di lui il Sarmiento, la montagna destinata a rivelare la via del Sud America agli alpinisti lecchesi. Sotto il Monte Buckland, la prima scalata straniera di Casimiro, l'inizio del suo innamoramento per le montagne dell'estremo sud del mondo. Piccolissimo, inerpicato sulle pendici del monte (che prende il nome del geologo inglese che aveva formulato la teoria per la quale la terra s'era evoluta in un susseguirsi di cataclismi) padre De Agostini, il sacerdote salesiano che ha condotto i ragni laggiù, creando una sorta di ponte immaginario, ma concreto che lega uonini e montagne, che scavalca i canali e i fiordi in costante tempesta... Il condor allude al "volare alto del Bigio", al coraggio dei suoi sogni.
GIUSEPPE ALIPPI (DET)
"Se fossi un pittore il Cerro Don Bosco sarebbe il mio capolavoro" ha detto una volta Giuseppe Alippi (Det). Così Luisa fa emergere la sua testa proprio dal Don Bosco. Dietro di lui spunta la splendida parete nord ovest del Cerro Piergiorgio, sogno incompiuto di Casimiro. Quello che Miro aveva scelto di sognare proprio con il Det, l'ultimo degli alpinisti di una razza ormai in via di estinzione, un mago delle grandi pareti. "E che ogni tuo desiderio rimanga un desiderio" scrive Hugo Pratt, l'inventore di Corto Maltese. E la lavagna rimane lì, e come ha detto Luisa, "altri vi scriveranno le loro storie. E anche Casimiro rimane lì, inseguendo la Patagonia romantica nel suo cuore, l'ostinata sigaretta in bocca e lo sguardo che si perde sempre più lontano". Dal piccolo cimitero di Punta del Lago verso la sua montagna: "Devo tagliarla quella pianta lì: mi nasconde il Torre...". Dietro di lui il cavallo di legno che da bambino si fermava a guardare sognando - forse - un futuro da gaucho....
BENVENUTO LARITTI
Quello di Benvenuto Laritti è un destino tragico che si incrocia con quello di Casimiro solo per pochi burrascosi minuti, alla base del Cerro Murallon, la Marmolada della Patagonia. C'è voluto un terremoto per scalzare il Ben dalla montagna: lui poteva perdersi in mille modi, certo non cadendo dalle rocce. La sua è una "morte annunciata". Lo ripeteva sempre che sarebbe morto entro i trent'anni... Saranno i giovani compagni di Casimiro a dedicargli la torre verticale che svetta sopra lo zoccolo del Murallon, la montagna che Casimiro supererà al terzo tentativo, vincendo insieme a lei (grazie a lei?) il suo male. La montagna che Luisa dilata diagonalmente e triplica nel quadro, a occuparne gran parte. Nascosto, in un arco di rami, il Salvanel, lo spirito delle Dolomiti cui Benvenuto ha dedicato la sua ultima via, è lì in attesa di condurre il Ben nella Terra di Mezzo. Sfumata, quasi invisibile, la Marmolada si intravede appena, a suggerire un richiamo a quelle Dolomiti che sono le vere montagne del Ben e dove anche Casimiro ha imparato "le grandi montagne"..
WALTER BONATTI
Alle spalle di Walter Bonatti c'è una Patagonia di grandi spazi, di dimensione orizzontale, quella dimensione nella quale può entrare solo dopo aver conquistato e vinto da solo e in inverno, la Parete nord del Cervino, uscendo dal mondo dell'avventura verticale per impadronirsi della dimensione del viaggio, quella degli esploratori che sognava nella sua adolescenza, che ha continuato ad inseguire per tutta la vita. Un'orizzontalità prefigurata nella lunga cresta del Cordon Moreno, dove Walter, in compagnia del Bigio, ha cominciato a conoscere la Patagonia. Una corsa orizzontale straordinaria, intrapresa dopo che i due si erano resi conto che non era ancora tempo per affrontare vittoriosamente il Cerro Torre. Ed ecco dunque la Patagonia, una terra dove la parola esplorazione ha ancora un senso, nella quale Walter si incammina con la sua compagna in una dimensione senza tempo, volutamente anacronistica. Anche lui, proprio come Casimiro, l'ha desiderata contro le evidenze, contro il progresso, il trascorrere del tempo...
La Patagonia terra, ghiaccio e voli di uccelli, che danno forma alla ricerca di libertà, sulla quale Walter signoreggia, re di una splendida solitudine.
PINO NEGRI
A sbucare sulla vetta del Cerro Torre, subito dopo Casimiro, Mario e Daniele, fu Pino Negri. Pino su quella vetta, dopo giorni di fatiche e tensioni massacranti, si inventò un gesto di una semplicità e di una sensibilità straordinarie: si sfilò il maglione rosso dei Ragni e ne rivestì il fantoccio di neve costruito dai suoi compagni. Un simbolo per portare gli altri compagni sulla vetta conquistata con lo sforzoa di tutti, e insieme l'iscrizione del "grido di pietra" al Gruppo dei Ragni della Grignetta.
Il Pino, che ha arrampicato con Casimiro nell'inverno dello spigolo nord del Badile, sulle fragili verticalità della Grigna, fin nel cuore del Monte Bianco e nelle magnifiche rigole di una delle montagne più belle del mondo: l'Alpamayo. Il Pino che riassumendo la sua straordinaria attività di soccorritore alpinista, alla quale allude lo sfarfallio dell'elicottero librato nel cielo del quadro, soleva ripetere: "Non ne abbiamo mai lasciato in giro nessuno". E poi, guardandoti in faccia, per controllare se avevi seguito: "O no?".
CASIMIRO FERRARI
"Ustedes ganaron el Torre y no tienen nada que pagar"
Al centro del polittico non può essere che lui: el jefe Casimiro Ferrari: il suo cappello è la Corna di Medale, sulla quale lui, giovane, si inerpica. Ma la sua fronte s'è fatta trasparente per lasciarsi attraversare da stormi di uccelli che sono pensieri e sogni. Dal Cordon Moreno perso sullo sfondo, i profili si precisano nel Fitz Roy, nel San Lorenzo, nel Cerro Torre, nel fiordo Falcon, con la barca dell'impresa del Riso Patron e due ironici pinguini, unici, simbolici spettatori di tanta solitudine.
In basso, in un groviglio di faggi patagonici modellati dal vento, hanno fatto il nido le leggende della Patagonia e pezzi della storia di Miro: il cavallo di legno che forse ancora si nasconde dietro l'arrugginita serranda di un antico negozio, la mucca con le mammelle recise, la viejita e suo figlio don Pedro Alvorsen e le pecore con cui Casimiro e compagni s'erano sfamati alla fine dell'assedio al Torre. Le pitture della cueva de las manos, una famiglia di indios Tehuelche e la vecchia india della leggenda degli uccellini.
Il vento mai come qui è "destroyer and preserver" e così tiene insieme tutti questi elementi naturali ed umani. E le storie degli uomini che lottano fino alla morte (e oltre la morte) per cercare di essere liberi. Uomini che la storia può sconfiggere, ma che se ne vanno verso i "Laghi bianchi del silenzio" lasciando memoria di sé.
LORENZO MAZZOLENI
A lavoro quasi ultimato il moschettiere del Gruppo Ragni rimasto per sempre sul K2 scese silenzioso nella notte dalle rocce della Medale sua e di Casimiro, che nel ritratto accarezza con la guancia sinistra a diventare l'ottavo pezzo del polittico. Lorenzo Mazzoleni con la sua irresistibile irruenza aveva forse semplicemente deciso che voleva esserci anche lui, lui che con Casimiro aveva tentato senza successo la ovest del Makalu. Lorenzo che era tornato al Sarmiento insieme ad altri compagni per salire la vetta ovest (quella che il Bigio aveva trascurato trenta anni prima) per festeggiare il quarantesimo del Gruppo Ragni. E' il Lorenzo quasi ragazzino di quella spedizione a guardarci dal ritratto, un Lorenzo innamorato delle ragazze e delle montagne che lo attorniano: dal K2 al Makalu, dal Sarmieno, all'Aconcagua un'altra montagna dove il suo cammino ha incrociato a distanza quello del jefe.
PROLOGO E SPIEGAZIONE
Il giorno in cui portai le bozze a Luisa, nella minuscola casa sotto la Medale dove allora viveva, scoprii che abitava ad un passo da dove era nato Casimiro. Ricordavo un pomeriggio incantato di qualche mese prima, all'inizio del lavoro con Giovanni Ratti che raccontava a me e alla Francesca di come era Rancio quando Casimiro era un bambino. E poi eravamo usciti a camminare quelle viottole, rinserrate fra muri di pietra. Stava spiovendo e ci aveva additato la casa...
Ancora una coincidenza?
(Alberto Benini)
Nessun uomo è un'isola: un polittico per Casimiro:
8 tavole di medio e grande formato
11 grandi pannelli "Cerro Torre" - Acrilico (RAGNI GRIGNETTA).
1 incisione CERRO TORRE (RAGNI GRIGNETTA).